Erremonaco

di Dario Ghelfi

Un volto "tagliato" che sembra rimandare ad ascendenze greche e indiane, i capelli neri a ricordare le sue origini meridionali, due occhi profondi che la portano "naturalmente" a vedere dentro le cose e a farsi rapire dai più minuti dettagli della realtà: ecco "Erre" (Rossella) Monaco, artista della macrofloreocromia e non solo.

La sua formazione si snoda lungo i sentieri di una continua sperimentazione, che ha toccato varie forme di creatività, dalla ceramica al modellaggio, dalla pirografia alla pittura, su una qualsiasi superficie con qualsiasi strumento.

Le modalità del taglio della composizione sono chiaramente fotografiche, riconducibili, dal punto di vista artistico, all'estetica di Tina Modotti e dal punto di vista esperienziale, alla lunga frequentazione con il marito, un fotografo prestato all'informatica.

I suoi fiori, giganteschi, rinviano ad un certo "precisionismo" alla O'Keef, non sono, però, reali, ma creature nuove, nelle quali un singolo petalo può diventare un esempio di arte astratta; il cromatismo intenso ed i raffinati giochi di luce richiamano la pittura di Kandinsky; il dinamismo barocco allude ad un certo (amatissimo) Picasso; l'esasperata cura per i dettagli richiama tutta la tradizione informale della prima metà del secolo. La sua macrofloreocromia non è solo il risultato di un'osservazione ravvicinata, ma il prodotto di una curiosità esasperata, che non sa resistere alla tentazione di riempire tutto lo spazio e di immergervisi.

I suoi sono fiori viventi e carnosi e laddove compare, dominante, forte e violento, il rosso, la fantasia vola verso immagini sessuali, quasi di un'anatomia sessuale.

Diventano immagini autonome, di forte fisicità, piante carnivore che sembrano scaturire dal nostro profondo; sono stati sottoposti ad uno sguardo indagatore che li ha vivisezionati (certi petali quasi aperti e scoperti da un pennello che è assieme un bisturi), perché portassero in superficie le immagini della nostra anima.

Sono fiori amati e nei cataloghi, con civetteria nemmeno nascosta, Rossella sempre si fa riprendere assorta in un'osservazione "postuma" (successiva a quella che l'ha portata a dipingerli), intenta forse ad una loro reinterpretazione, che non ci sarà mai dato di conoscere (perché intima e mentale).

Ma non di soli fiori si nutre l'arte di Erre Monaco, la cui ispirazione pesca a piene mani in quel magnifico repertorio di immagini che è il volto urbano di Verona.

Il suo gusto per l'immagine non accademica, dà alla spazialità un intenso dinamismo, muove intrinsecamente la massa anche quando il soggetto richiama l'immobilità come nel caso delle sue architetture veronesi, che, seppure derivate dalla realtà, appaiono spesse filtrate attraverso la lezione iconografica rateriana (*), mentre la sua peculiare predisposizione a farsi rapire dai più minuti dettagli della realtà, si esplica nella rappresentazione quasi maniacale delle tegole degli edifici osservati".

Lo sguardo che penetra le cose, non ama la quiete e predilige il movimento; e così oggetto delle sue "osservazioni" sono anche antiche mappe tratte da documenti catastali dei secoli scorsi, la cui rivisitazione rimanda a viaggi reali e a viaggi immaginati, nello spazio e nel tempo.

Il tutto per il tramite di una tecnica che prevede l'uso di colori acrilici su pannelli preparati con fondo bianco, "affogati" poi con un diluvio di collante vinilico, che ne provoca una totale trasformazione, verso un quasi basso-rilievo, impregnato di cromatismi a volte imprevedibili e protetto da una vernice lucida di uso industriale.

(*) Raterio, di Liegi, vescovo, in fuga verso la Germania da Verona, innamorato della sua città, voleva portarne con sé un ricordo. Ed ecco che, giocando con le prospettive, nello spazio limitato di un quadro, innumerevoli immagini si accumulano.